Per
scuola privata si intende una scuola non amministrata
dallo stato; tra queste le scuole paritarie possono rilasciare
titoli equivalenti ai diplomi rilasciati dalla scuola
statale. Le rette pagate dagli studenti costituiscono
fondi necessari e sufficienti all'ordinaria gestione della
scuola.
In
base alla legge 62/2000, emanata in attuazione dell'articolo
33 della Costituzione, le scuole private dell'infanzia,
primarie e secondarie possono chiedere la parità
ed entrare a far parte del sistema di istruzione nazionale.
Per questo alcuni trovano più giusto parlare di
scuola pubblica statale e scuola pubblica non statale.
Finanziamenti
alla scuola privata in Italia
Le scuole non statali ricevono oggi denaro pubblico sotto
forma di:
-
sussidi diretti, per la gestione di scuole dellinfanzia
e primarie (ex parificate);
- finanziamenti di progetti finalizzati allelevazione
di qualità ed efficacia delle offerte formative
di scuole medie e superiori;
- contributi alle famiglie dell'importo massimo di €
300,00 denominati buoni scuola e disponibili
solo per la scuola dell'obbligo. Essi sono stati introdotti
dal governo Berlusconi e non più erogati dal governo
Prodi.
Sussidi diretti
Il DM 261/98 ed il DM 279/99 (Ministro della Pubblica
istruzione Luigi Berlinguer, Democratici di Sinistra),
ed il testo unico concessione di contributi alle
scuole secondarie legalmente riconosciute e pareggiate
che li converte in legge, costituiscono il presupposto
per la successiva sistematica e regolare concessione di
finanziamenti alle scuole private.
Il
governo DAlema bis con la legge 62/2000 sancisce
lentrata a pieno titolo nel sistema di istruzione
nazionale delle scuole private, che pertanto devono essere
trattate alla pari anche sul piano economico.
La legge prevede anche:
lapplicazione
anche alle scuole paritarie del trattamento fiscale riservato
agli enti senza fini di lucro;
l'istituzione di fatto dei buoni scuola statali (stanziamento
di 300 miliardi di lire a decorrere dal 2001);
l'aumento di 60 miliardi di lire dello stanziamento per
i contributi per il mantenimento di scuole elementari
parificate;
l'aumento di 280 miliardi di lire dello stanziamento per
le spese di partecipazione alla realizzazione del sistema
prescolastico integrato;
lo stanziamento di un fondo di 7 miliardi di lire per
favorire l'inserimento dei disabili nelle scuole private
e la costruzione delle strutture necessarie.
Il governo Berlusconi, ministro Letizia Moratti, con il
DM 27/2005 apporta alla Legge 62/2000 le seguenti modifiche:
-
non si parla più di concessione di contributi
ma di partecipazione alle spese delle scuole secondarie
paritarie;
- è abbassata la soglia di alunni per classe (da
10 a 8) per laccesso ai contributi;
- vengono innalzati i livelli massimi dei contributi (12.000
euro per una scuola media inferiore, 18.000 per una scuola
media superiore);
- sono più che raddoppiati i finanziamenti per
i progetti formativi (da circa 6 milioni di euro ad oltre
13 milioni).
Nel 2005 l'ammontare dei contributi alle scuole non statali
è di circa 500 milioni di euro (si veda la circolare
ministeriale 38/2005).
Buoni
scuola
I buoni scuola vengono istituiti nel 2000 dal Governo
di centro-sinistra con la Legge 62/2000 sulla parità
scolastica con un piano straordinario di finanziamento,
attuato poi dal governo di centro-destra con la Legge
289/2002 che prevede un tetto di 30 milioni di euro per
il triennio 2003-2005.
La
finanziaria del 2004 del governo Berlusconi, ministro
Letizia Moratti, aumenta il tetto per il 2005 a 50 milioni
di euro con accesso ai buoni per tutte le famiglie che
entrano in graduatoria in base al limite di reddito. La
legge sulla parità non prevede alcuna incompatibilità
dei buoni statali con eventuali buoni regionali (previsti
poi da Veneto, Emilia-Romagna, Friuli, Lombardia, Liguria,
Toscana, Sicilia, Piemonte), per cui buoni statali e regionali
risultano cumulabili.
Costituzionalità
dei finanziamenti
Larticolo 33 della Costituzione della Repubblica
italiana da il diritto "ad Enti e privati di istituire
scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato",
infatti i costi sono sostenuti dagli studenti e gli importi
dei buoni scuola sono minimi rispetto alle rette annue.
I
buoni scuola servono a garantire l'articolo 34 della Costituzione
secondo il quale " La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione
inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria
e gratuita.
I
capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto
di raggiungere i gradi più alti degli studi (i
gradi successivi alla scuola dell'obbligo.) inoltre "La
Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di
studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che
devono essere attribuite per concorso".
L'articolo
34 è un'applicazione al caso specifico della scuola
dell'articolo 3 della costituzione che indica il più
generico diritto all'uguaglianza e il dovere dello Stato
di rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà
e l'uguaglianza dei cittadini, impedendo il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti
i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese.
Inefficienza
economica della scuola statale
La scuola statale italiana è fra le più
costose del mondo; in quanto solo in Svizzera e Stati
Uniti la spesa per studente è più alta della
nostra. Gli insegnanti in Italia sono probabilmente troppi:
il rapporto fra insegnanti e studenti è quasi il
doppio di quello francese, tedesco e inglese nella scuola
primaria, del 50% superiore in quella secondaria inferiore,
di circa il 20% nella secondaria superiore.
La
scuola privata consente l'adozione di pedagogie alternative:
sono le scuole steineriane o montessoriane. Quelle statali,
tradizionali, più che applicare una pedagogia,
fissano quale unico obbiettivo esclusivamente l'attuazione
di un programma, non curandosi quindi di rispettare alcun
vincolo di bilancio.
LA NORMATIVA
Scuole non statali - La legge 62/2000
Com'è noto, la Costituzione
(art. 33) sancisce il diritto dei privati di istituire
scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
Essa affida inoltre alla legge ordinaria il compito di
fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali
che chiedono la parità, assicurando ad esse piena
libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico
equipollente a quello degli alunni delle scuole statali.
Nel corso della XIII legislatura la legge 10 marzo 2000
n. 62[1]; ha inteso dare attuazione allart. 33 della
Costituzione disciplinando la parità scolastica
nell'ambito di un sistema nazionale di istruzione pubblico-privato.
Ai sensi della legge citata, le
scuole private e quelle degli enti locali sono, a domanda,
riconosciute come scuole paritarie ed abilitate al rilascio
di titoli di studio aventi valore legale a condizione
che:
· adottino un progetto educativo
in armonia con i princìpi della Costituzione e
con gli ordinamenti e le disposizioni vigenti;
· accolgano chiunque, accettando il progetto educativo,
richieda di iscriversi, compresi gli alunni con handicap
o in condizioni di svantaggio;
· abbiano bilanci pubblici,
locali, arredi e attrezzature idonee, organi interni improntati
alla partecipazione democratica, insegnanti forniti del
titolo di abilitazione all'insegnamento e assunti nel
rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro;
si sottopongano alle valutazioni
operate dal sistema nazionale di valutazione secondo gli
standard stabiliti per le corrispondenti scuole statali.
Si ricorda che la Corte costituzionale,
nella sentenza 33 del 2005 ha considerato infondate le
questioni di legittimità costituzionale sollevate
dalla regione Lombardia, nei confronti di alcune disposizioni
(anche finanziarie) della legge sulla parità scolastica.
In particolare, la Corte ha ritenuto che la definizione
dei requisiti che le scuole debbono possedere per ottenere
il riconoscimento della parità (art. 1 comma 4
della legge) rientra nellambito delle norme generali
sullistruzione ed è quindi esercizio della
potestà legislativa statale.
La L. 62/2000 non prevede finanziamenti
a sostegno delle scuole paritarie, né diretti né
sotto forma di contributi alle famiglie che scelgano tali
scuole; tuttavia, essa reca disposizioni per il diritto
allo studio nella forma:
· di un piano straordinario
di finanziamento delle regioni (250 miliardi di lire-pari
a 129,1 milioni di euro- per il 2000 e 300 mld.-pari a
154,9 milioni di euro- annui dal 2001) a sostegno della
spesa delle famiglie per l'istruzione, mediante l'assegnazione
di borse di studio di pari importo (non differenziate,
dunque, in base alla spesa sostenuta) per gli alunni delle
scuole statali e paritarie;
· di un incremento degli
stanziamenti annui previsti in bilancio a favore delle
scuole elementari parificate (60 mld.-pari a 31 milioni
di euro) e delle scuole materne non statali (280 mld.
Pari a 144,6 milioni di euro);
di uno stanziamento (7 mld annui,
pari a 3,6 milioni di euro) a sostegno delle scuole che
accolgono alunni con handicap.
Nel corso della XIV legislatura è stato poi previsto
per la frequenza delle scuole paritarie un contributo
particolare alle famiglie (c.d. buono scuola):
la legge finanziaria 2003 (legge n. 289 del 2002, articolo
2, comma 7) ha infatti autorizzato a tal fine la spesa
di 30 milioni di euro, per ciascuno degli esercizi finanziari
dal 2003 al 2005. Lindividuazione di un limite di
reddito per laccesso al beneficio, introdotta dalla
legge finanziaria 2004 (legge n 350 del 2003, art. 3,
comma 94), è stata abrogata dal DL n. 35 del 2005
convertito dalla legge n 80 del 2005 (art 14, comma 8-bis).
Va ricordato infine che la legge
finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) ha finalizzato
una quota del Fondo per le politiche sociali (per limporto
massimo di 100 milioni di euro negli esercizi 2004-2006)
allerogazione del buono scuola; la norma
è stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza
n.423 del 2004 in quanto lesiva dellautonomia finanziaria
delle regioni (v. Capitolo Diritto allo studio)
La disciplina recente
La legge 62/2000 prevedeva inoltre
(art. 1, co. 7) che alle scuole non statali non interessate
al riconoscimento della parità si applicassero
le disposizioni del T.U. dellistruzione[2] (Parte
II, titolo VIII) e che, dopo un triennio dallentrata
in vigore del provedimento, il Ministro presentasse al
Parlamento una relazione sullattuazione[3] e proponesse
il definitivo superamento delle disposizioni del T.U.
con un proprio decreto, previo parere delle competenti
Commissioni parlamentari.
Recentemente larticolo 1-bis,
introdotto dal Governo al Senato, nel ddl di conversione
del DL 5 dicembre 2005, n. 250 (convertito dalla legge
3 febbraio 2006, n. 27) ha inteso dare attuazione alle
prescrizioni sopra sintetizzate.
Con riguardo alladozione
di una norma di rango primario attuare lart.1 comma
7 della legge 62/2000, il sottosegretario Siliquini illustrando
lemendamento governativo al citato DL[4], ha ricordato
che il Governo, aveva predisposto un regolamento di delegificazione[5]
(ex art.17, co.2 della legge 400/1988) in ordine al quale
il Consiglio di Stato aveva espresso perplessità
sotto il profilo dello strumento normativo adottato; il
ricorso ad una norma di rango legislativo con carattere
di urgenza si sarebbe reso pertanto necessario per non
prolungare lapplicazione di norme antecedenti alla
citata legge n. 62.
Larticolo, 1-bis, del DL
250/2005, interviene sulla disciplina delle scuole non
statali recata nella Parte II, Titolo VIII artt. 331-366
del D.Lgs 297/1994 (Testo unico in materia di istruzione),
ove si regolamentano le scuole materne non statali autorizzate
al funzionamento, le scuole elementari parificate e le
scuole secondarie legalmente riconosciute o pareggiate[6];
in particolare le diverse tipologie di scuole previste
dal T.U. vengono ricondotte alle due categorie individuate
dalla legge 62/2000 e cioè: scuole paritarie riconosciute
e scuole non paritarie.
Larticolo citato reca inoltre
nuove prescrizioni sulle scuole paritarie; definisce le
caratteristiche delle scuole non paritarie e procede alla
contestuale abrogazione, o viceversa alla precisazione
del campo di applicazione, di alcune norme del T.U.
Si riepilogano di seguito le tre
diverse forme di equiparazione delle scuole private a
quelle pubbliche previste nel titolo VIII, capi I-III,-
della parte II del T.U.- ora in parte abrogato, come già
segnalato sopra.
§ La parificazione (artt.
344-347 del T.U.): istituto limitato alle scuole elementari[7],
caratterizzato dal riconoscimento ad ogni effetto legale
dellattività di istruzione privata. Per ottenere
tale riconoscimento le scuole, che devono necessariamente
essere gestite da enti o associazioni, devono stipulare
una convenzione con il provveditore agli studi ed hanno
lobbligo di adottare programmi ed orari analoghi
a quelli delle scuole statali;
§ Il riconoscimento legale
(art. 355 del T.U.): provvedimento amministrativo con
il quale il Ministero della pubblica istruzione (ora Ministero
dellIstruzione, università e ricerca - MIUR)
attribuisce validità a studi ed esami sostenuti
nella scuola secondaria non statale. Il riconoscimento
è subordinato ad alcuni requisiti: idoneità
della sede, adeguamento dei programmi di insegnamento
a quelli delle scuole statali, possesso, da parte degli
alunni, dei titoli di studio legali per le classi che
frequentano e, da parte dei docenti, dei titoli necessari
per linsegnamento nelle scuole statali. Sono stabiliti
(art. 359 del T.U.) i provvedimenti sanzionatori (sospensione
o revoca del riconoscimento) da parte del direttore generale
competente;e viene affidato ai provveditori agli studi[8]
o al MIUR. il compito di vigilare anche tramite ispezioni,
sulla permanenza dei requisiti richiesti per il riconoscimento;
§ Il pareggiamento (art. 356
del T.U.): istituto limitato a scuole secondarie tenute
da enti pubblici o enti ecclesiastici, rappresenta la
forma più perfetta di equiparazione alla scuola
pubblica. Per ottenere il pareggiamento, oltre ai requisiti
previsti per il riconoscimento legale, sono prescritte
ulteriori condizioni relative al numero e il tipo di cattedre
(devono essere uguali a quello delle corrispondenti scuole
statali), nonché alla nomina, requisiti e trattamento
economico dei docenti .
Il comma 1 dellarticolo 1
bis del dl 250/2005 in commento dispone, come già
detto, che le scuole non statali di cui alla parte II,
titolo VIII, capi I, II e III del d.lgs. 297/1994, siano
ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute
ai sensi della 62/2000 e scuole non paritarie.
Vengono poi dettate (commi 2 e
3) ulteriori disposizioni sulle scuole paritarie; in particolare
si prevede che:
· la frequenza di queste
ultime costituisca assolvimento del diritto-dovere di
istruzione e formazione, come disciplinato dal recente
decreto legislativo 15 aprile 2005, n.76[9];
· il riconoscimento della
parità-previo accertamento dei requisiti- sia effettuato
con provvedimento del dirigente dellufficio scolastico
regionale (anziché del ministero, come disponeva
lart.1, comma 6, della legge 62/2000);
· il riconoscimento decorra
dallanno scolastico successivo alla richiesta e
sia subordinato - nel caso di istituzione di prime classi
- al completamento del corso degli studi;
· le modalità per
il riconoscimento ed il mantenimento della parità
siano definite con regolamento ministeriale, adottato
ai sensi dellarticolo 17, co. 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400;
· le scuole paritarie non
possano svolgere esami di idoneità per alunni frequentanti
scuole non paritarie che dipendano dallo stesso gestore
o da altro con cui il gestore abbia comunanza dinteressi.
Viene quindi identificatala nuova
categoria delle scuole non paritarie e se ne disciplina
il funzionamento.
Sono qualificate come non paritarie (comma 4) le scuole
che svolgono unattività organizzata di insegnamento
ed hanno le seguenti caratteristiche:
· un progetto educativo
ed un offerta formativa conformi ai principi della
Costituzione ed allordinamento scolastico, finalizzati
ad obiettivi apprendimento correlati al conseguimento
di titoli di studio (fanno eccezione- come precisa il
comma successivo- le scuole materne);
· la disponibilità
di locali, arredi e attrezzature conformi alle norme vigenti
in materia di igiene e sicurezza dei locali scolastici;
· limpiego di personale
docente e di un coordinatore forniti di adeguati titoli
professionali, nonché di idoneo personale tecnico
e amministrativo;
· gli alunni frequentanti,
in età non inferiore a quella prevista nelle scuole
statali o paritarie in relazione al titolo di studio da
conseguire.
Le scuole non paritarie ottemperanti
alle condizioni sopra elencate (comma 5) sono incluse
in apposito elenco affisso allalbo dellufficio
scolastico regionale che è preposto alla vigilanza
sulla sussistenza e sulla permanenza delle condizioni
stesse. Tali adempimenti vengono disciplinati con regolamento
ministeriale, adottato ai sensi dellarticolo 17,
comma 3, della legge 400/1988[10].
Si esclude comunque che le scuole
non paritarie rilascino titoli di studio aventi valore
legale e si prescrive -nella denominazione- la chiara
indicazione del carattere di scuola non paritaria..
Alle sedi ed attività dinsegnamento
prive delle caratteristiche sopra elencate, quindi non
rientranti nella tipologia di scuola non paritaria,
si vieta di assumere la denominazione di scuola;
si esclude inoltre che sia possibile assolvere in tali
strutture il diritto-dovere allistruzione e alla
formazione.
Viene contestualmente (comma 6)
disciplinata la fase transitoria escludendo - dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione del DL
250/2005 - il rilascio di nuove autorizzazioni, riconoscimenti
legali o pareggiamenti, ma consentendo il completamento
dei corsi già attivati sulla base di provvedimenti
adottati ai sensi degli articoli 344, 355, 356 e 357 del
d.lgs. 297/1994).
Si prevede inoltre la risoluzione
delle convenzioni in corso con le scuole parificate non
paritarie al termine dellanno scolastico in cui
si completano i corsi programmati dalle convenzioni stesse
e la riduzione progressiva dei contributi statali (previsti
dalle predette convenzioni) in ragione delle classi e
degli alunni effettivamente frequentanti.
Si dispone peraltro che con regolamento
governativo (come previsto attualmente dallart.
345 del T.U.) siano disciplinate le modalità per
la stipula delle nuove convenzioni con le scuole primarie
paritarie che ne facciano richiesta, nonché i criteri
per la determinazione dell'importo del contributo ed i
requisiti prescritti per i gestori e per i docenti.
Con riguardo alle convenzioni si
assicura prioritariamente alle scuole primarie a suo tempo
parificate - divenute paritarie ai sensi della legge 62/2000-
un contributo non inferiore a quello già corrisposto
ai sensi delle vecchie convenzioni di parifica.
In proposito si ricorda che la
sentenza della Corte costituzionale n. 423 del 2004 ha
ribadito la competenza regionale delle funzioni amministrative
relative ai contributi alle scuole non statali già
prevista dallarticolo 138, comma 1, lettera e) del
d.lgs. 112 del 1998. In tale ambito non spetta pertanto
allo Stato la potestà regolamentare né sono
ammessi finanziamenti caratterizzati da vincoli di destinazione.
Viene infine ( comma 7) disposta l abrogazione delle
disposizioni contenute nella Parte II, Titolo VIII, Capi
I, II e III del TU (artt.331-366), ad eccezione di alcune
disposizioni che continuano ad applicarsi alle scuole
paritarie.
In particolare esse attengono a:
· cittadini dellUnione
europea gestori o insegnanti nelle scuole materne private
(art 336), nelle scuole primarie (art. 342, comma 2),
· sussidi alle scuole materne
non statali (articoli 339- 342);
· convenzioni con scuole
elementari ora primarie-(articolo 345 T.U.);
· salvaguardia delle competenze
delle regioni a statuto ordinario e speciale e delle province
autonome (art. 352, comma 6);
· requisiti dei soggetti
gestori dei corsi di scuola secondaria di primo grado
ed oneri a loro carico (art. 353 e 358, comma 5);
· scuole dipendenti da autorità
ecclesiastiche; corsi e titoli nei licei linguistici (artt.
362 e 363).
Restano inoltre vigenti gli articoli
relativi a:
· scuole ed istituti stranieri
in Italia (art.366l);
· servizio prestato dai
docenti e dirigenti, già di ruolo nelle scuole
pareggiate, assunti con rapporto a tempo indeterminato
nelle scuole statali (art. 360, comma 6);
· requisito del prescritto
titolo di studio per i docenti delle scuole materne che
chiedano la parità (art. 334).
Infine, i requisiti prescritti
per il soggetto gestore (articolo 353) sono applicati
anche alle scuole non paritarie.
Sono abrogati altresì, dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del
decreto legge in esame, gli articoli 156-159 e 161 del
R.D. 1297/1928[11], relativi alle cosidette scuole a
sgravio, scuole elementari gestite direttamente
da un ente, che, sulla base di alcuni requisiti (gratuità,
idoneità delle sedi, titoli professionali dei docenti),
riceve un contributo dallo Stato o dal Comune previo stipula
di apposita convenzione. Larticolo 160 del citato
R.D., relativo alle modalità di disdetta delle
convenzione, continua ad applicarsi nei confronti delle
scuole primarie paritarie.
Viene infine soppresso il più
volte citato articolo 1, comma 7, secondo periodo, della
legge 62/2000; recante prescrizione di un provvedimento
(nella forma di decreto del ministro) che realizzasse
il definitivo superamento delle disposizioni del T.U.
sulle scuole non statali.
Larticolo reca infine (comma
8) una clausola di invarianza di spesa.
Si ricorda, per completezza di
informazione, che le disposizioni recate dallarticolo
1-bis del DL 250/2005 sono state oggetto di vivace dibattito
parlamentare; con riferimento a tale articolo è
stata inoltre presentata sul ddl di conversione del DL
una questione pregiudiziale[12], a firma dellon.
Grignaffini ed altri.
La questione pregiudiziale adduceva
le seguenti motivazioni:
· l1-bis, introdotto
dal Senato nel provvedimento, reca norme di dettaglio
sulle modalità di erogazione dei contributi alle
scuole paritarie in contrasto con l'articolo 117, terzo
e sesto comma, della Costituzione poiché, come
confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n.
423 del 29 dicembre 2004, le funzioni amministrative relative
ai contributi alle scuole non statali rientrano nell'ambito
della competenza regionale, essendo riconducibili alla
materia dell'istruzione attribuita alla competenza legislativa
concorrente e dunque spettando allo Stato soltanto la
disciplina delle norme generali e dei livelli essenziali
delle prestazioni;
· lo stesso articolo 1-bis,
ai commi 4 e 5, nel dettare le disposizioni relative alle
scuole non paritarie viene meno al principio della «presa
d'atto» in vigore per le scuole secondarie private,
già richiamato a suo tempo dalla sentenza della
Corte Costituzionale n. 36 del 4 giugno 1958, interpretativa
dell'articolo 33 della Costituzione;
· il comma 6 dellart.1-bis
prevede che le scuole elementari parificate possano avere
un trattamento economico superiore all'attuale, con conseguente
incremento dei finanziamenti statali, senza disporre alcuna
copertura finanziaria, in contrasto con l'articolo 81,
quarto comma, della Costituzione;
· nellarticolo 1-bis
non sono menzionati i doveri nei confronti dell'utenza,
si trasforma così il contributo per l'assolvimento
di un servizio a determinate condizioni in un finanziamento
diretto, in quanto tale ancora in contrasto con l'articolo
33 della Costituzione.
Nella seduta del 31 gennaio 2006
si è svolto nellAssemblea della Camera dei
deputati il dibattito sulla questione pregiudiziale che
è stata poi respinta.
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[1] Legge 10 marzo 2000 n. 62,
Norme per la parità scolastica e disposizioni sul
diritto allo studio e all'istruzione.
[2] Decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297, Approvazione del testo unico delle
disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione,
relative alle scuole di ogni ordine e grado Parte
II-Ordinamento scolastico-; titolo VIII- Istruzione non
statale; capi I, II e III, concernenti rispettivamente
scuola materna, istruzione elementare e secondaria.
[3] Il MIUR ha trasmesso alle Camere
la Relazione sullo stato di attuazione della legge 10
marzo 2000 n.62 recante norme per la parità scolastica
e disposizioni sul diritto allo studio e allistruzione
(DOC XXVII, n.13,- annunciato all Assemblea della
Camera il 6 aprile 2004 ).La relazione precisa (pag. 31)
che al 30 giugno 2003 la percentuale delle scuole paritarie
ammontava all82% delle scuole non statali.
[4] Senato, Commissione Istruzione,
seduta del 15 dicembre 2005.
[5] Come si evince dalla Relazione
sullo stato di attuazione della legge 10 marzo 2000 n.62
(DOC XXVII, n. 13, pag. 56) la forma del regolamento di
delegificazione era stata individuata dal MIUR di concerto
con la Presidenza del Consiglio interpellata (con nota
ministeriale 12 febbraio 2004) in ordine alle difficoltà
applicative dellart.1, co.7, della legge 62/2000,
sotto il profilo della natura dellatto richiesto
da questultima
[6] Decreto legislativo 16 aprile
1994, n. 297, Approvazione del testo unico delle
disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione,
relative alle scuole di ogni ordine e grado (nel
prosieguo: T.U.): Parte II-Ordinamento scolastico-;
titolo VIII- Istruzione non statale; capi I, II e III,
concernenti rispettivamente scuola materna, istruzione
elementare e secondaria.
[7] Ora denominate scuole primarie
ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 recante Delega
al Governo per la definizione delle norme generali sullistruzione
e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia
di istruzione e formazione professionale.
Ai sensi del T.U., le scuole elementari non statali si
dividono in scuole parificate, scuole sussidiate e scuole
private autorizzate (art. 343 del T.U.). Le scuole sussidiate
sono quelle gestite da privati, enti o associazioni, mantenute
parzialmente con il sussidio dello Stato nei luoghi dove
non esistano scuole statali o parificate. Le scuole private
autorizzate (art. 349 del T.U.) sono gestite da privati
con lautorizzazione del direttore didattico, secondo
modalità stabilite da regolamento governativo.
E previsto (art. 350 del T.U.) lobbligo di
adeguarsi, in linea di massima, allordinamento della
scuola elementare statale.
[8] Attualmente, ai sensi dellart.8
(Uffici scolastici regionali) del D.P.R. 11 agosto 2003,
n. 319 (Regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca) larticolazione
periferica del ministero è costituita dagli uffici
scolastici regionali (aventi sede nel capoluogo di regione)
ai quali sono assegnate tutte le funzioni già spettanti
agli uffici periferici dell'amministrazione, fatte salve
le competenze riconosciute delle istituzioni scolastiche
autonome a norma delle disposizioni vigenti. L'ufficio
scolastico regionale si articola per funzioni e sul territorio;
a tale fine operano a livello provinciale e/o subprovinciale
i centri servizi amministrativi.
[9] Decreto legislativo 15 aprile
2005, n. 76, recante Definizione delle norme generali
sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione a
norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge
53/2003. Il decreto definisce il diritto-dovere allistruzione
e alla formazione; a tal fine lobbligo scolastico
è ridefinito e ampliato per una durata minima di
12 anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica
di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno
di età. Tale diritto si realizza nelle istituzioni
del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di
istruzione e formazione, ivi comprese le scuole paritarie,
anche attraverso lapprendistato. E prevista
la possibilità di assolvere al diritto-dovere anche
privatamente, come stabilito dallarticolo 111 del
TU sullistruzione con riferimento allobbligo
scolastico. La fruizione del diritto, di cui si ribadisce
la connotazione di dovere sociale, esteso anche ai minori
stranieri, è gratuita. E inoltre garantita
lintegrazione delle persone in situazione di handicap.
[10] Legge 23 agosto 1988, n. 400.
[11] Regio decreto 26 aprile 1928,
n. 1297, Approvazione del regolamento generale sui servizi
dell'istruzione elementare.
[12] Camera, assemblea, seduta
del 30 gennaio 2006
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Emendamenti al D.L. n. 250/2005
riguardanti la scuola.
La Tecnica della Scuola del 22/12/2005
In sede di conversione in legge
del decreto-legge n. 250/2005, la VII Commissione del
Senato ha approvato una serie di emendamenti, alcuni dei
quali riguardano il concorso riservato per presidi incaricati,
il personale Afam, gli insegnanti di religione cattolica,
le scuole private. Nella seduta del 20 dicembre, in sede
di conversione in legge del decreto-legge 5 dicembre
2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università,
beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi
patologie, nonché in tema di negoziazione di mutui,
la VII Commissione del Senato ha approvato una serie di
emendamenti che apportano modifiche a precedenti leggi.
Alcuni emendamenti riguardano lAfam e la scuola
(con particolare riferimento al corso-concorso per presidi
incaricati, linquadramento nei ruoli degli insegnanti
di religione cattolica, norme in materia di scuole non
statali). Il giorno successivo, il provvedimento è
stato portato nellAula del Senato, che ha però
rinviato lesame della conversione in legge del D.L.
n. 250/2005, in attesa del parere obbligatorio della V
Commissione Bilancio.